“Tutti quelli, che di cuore, mi chiameranno con il nome di padre – non fosse che una volta sola – non periranno, ma saranno sicuri della loro vita eterna in compagnia degli eletti”.
(Detto alla Madre dell’Ordine “Christo ad Patrem“, sr. Elisabetta Ravasio, nel 1932).
7 di agosto: giorno scelto da Dio-Padre per essere onorato anche tramite la celebrazione di una santa Messa.
Una promessa certa, notevolmente diversa da tante altre che di questi tempi si sentono.
Eh, sì! Questa è una promessa proprio “da Dio”…
“Se credo che Dio mi è padre, certe paure me le tolgo dalla testa; e pongo la mia fiducia nel suo amore e nella sua capacità di trasmettermi il suo pensiero e il suo volere” (Carlo Carretto).
Impressiona questa promessa a sr. Elisabetta!… Il fatto che si possa invocare il Padre celeste una volta sola, perché non si perisca per la vita eterna: come mai, mi chiedo, è sufficiente una volta sola ? Evidentemente dovrà trattarsi di una invocazione vera, che nasca dal profondo del cuore e crei cambiamento non illusoriamente nel nostro cervello, ma nella nostra memoria (che, al contrario di quanto possano pensare medici ignoranti in metafisica e materialisti, non costituisce appendice del cervello ma la nostra stessa anima).
Dovrà, cioè, trattarsi di un’esperienza di preghiera indimenticabile, di una salita sul Tabor e – per dirla con S. Agostino – di un tempo non orizzontale, ma verticale, di intenzione verso l’alto.
E’ un’esperienza, questa, difficile da farsi dopo la crisi del Concilio Vaticano II; un Concilio, si badi bene, che prepara – secondo Jean Guitton – la Chiesa per i grandi cambiamenti storici, epocali, che ci saranno nel XXI secolo.
Forse, quindi, questa preghiera così semplice può essere il preludio ad un cambiamento; poichè il Padre – dobbiamo riconoscerlo – lo si prega attualmente poco, pur essendo l’aspetto verticale della Fede, un aspetto spesso trascurato e che questa promessa vuole dunque riportare.