Umiltà e grazia

Il fariseo disse: “Ti ringrazio, Signore, perché sono un giusto; offro i dovuti tributi a te, in preghiere e opere”. E dal tempio uscì peccatore come prima: la grazia del Signore non poté, più di tanto, scendere in lui.
Il pubblicano, invece, chiese solo pietà per la miseria del suo essere – per la sua vita di peccato – e Dio gli concesse il completo perdono; e abbondanza di grazia e di sapienza (Luca 18, 9 -14).
Ma Tu, o Signore, non ci facesti pure presente che il Cielo è dei violenti?
E io, in tutta sincerità, posso affermare che durante quest’ultimo anno mi sono rivolto al Cielo con violenza costante: ho partecipato a centinaia di sante Messe, ho recitato altrettanti Rosari, fatto svariati digiuni e svolte molte opere di carità.
E allora com’è che non mi sono ancora arrivate certe grazie, che insistentemente ti ho chiesto? Di grazie ne ho ricevute, certo, ma non quelle a cui veramente tenevo! Eppure so che ti ho chiesto cose giuste, cose che sicuramente rientrano nella tua volontà…
Il fariseo, ecco! Sono stato dalla parte del fariseo: poco, ma quel poco è comunque bastato per trattenerti.
Sapevo bene che per “violenza al Cielo“, intendevi dire “fare violenza a se stessi”; ma solamente ora comprendo che la maggiore violenza, che di norma possiamo farci, è semplicemente quella di ubbidirti – e ubbidirti “di cuore” – abbandonandoci così nel miglior modo possibile al tuo Amore onnipotente.
Perciò, Signore, non penserò più alla quantità né alla qualità delle mie preghiere e dei miei digiuni, ma alla mia pochezza e al fatto che Tu sai dare molto persino a chi non ti offre nulla.
Ecco, allora, che da quest’istante in poi ti pregherò di concedermi il dono dell’umiltà!
E la coscienza a te offerta delle mie miserie, dei miei limiti, della mia meschinità, contribuirà con sempre maggiore efficacia allo svuotamento di me stesso…
Ora, o Signore, posso anche davvero giustamente lodarti – pervaso, come sono, dal desiderio di crescente umiltà e da gioiosa riconoscenza – perché infine mi hai fatto capire che è anzitutto “il mio vuoto” che ti attira, dato che è solo così che potrai riempirmi di grazie; comprese, dunque – se e quando lo riterrai opportuno – anche quelle che da tempo ti chiedo.

Paolo Morandi

3 pensieri su “Umiltà e grazia

  1. Paolo, trovo questo tuo pensiero profondo ed elevato allo stesso tempo. Credo di poterti dire che con quanto hai espresso sopra, sei stato in grado di percorrere, in una sola volta, una notevole scalinata di avvicinamento al Cielo.

  2. Caro Paolo, condivido appieno e aggiungo che la differenza la fa sempre il cuore! Amare è preghiera d’azione, che però deve essere il seguito della preghiera di spirito…

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